vigneto Friuli  

I VITIGNI AUTOCTONI DELLE COLLINE SPILIMBERGHESI

Un percorso controcorrente una difesa ad oltranza degli "autoctoni": l'esperienza di Emilio Bulfon
A parlare con quei vecchi enologi che nel primo dopoguerra presero per mano il VIGNETO FRIULI devastato dai conflitti mondiali dalla fillossera e dintorni il quadro che ne esce è davvero sconsolante. C'era infatti da partire da zero in un mare di rosso cui concorrevano oltremisura gli ibridi produttori; vigne promiscue dappertutto frequenti "Bellussere" cognizioni agronomiche approssimative tecnologia di cantina da far pena. Soccorreva il tutto una grande sete (allora si viaggiava ben oltre i 150 litri /pro capite) ed un diversi codice della strada : non c'era la patente da difendere dal "palloncino" anche perché non c'era l'auto da guidare!. Le cose cambiarono alquanto-ci racconta ORFEO SALVADOR cinquantadue vendemmie alle spalle ed un'esperienza forte nella cooperazione vinicola e nel "pubblico" memoria storica di casa nostra-appena alla metà degli anni '60 quando il decreto sulle D.O.C. (DPR 930/63) dette il primo grosso scossone partendo dal COLLIO per far presa subito dopo nei Colli Orientali nelle Grave del Friuli e via discorrendo.Allora si decise nell'impostazione dei primi disciplinari di fotografare la situazione esistente a partire dal Merlot e dal Tocai friulano dopo 10 anni arrivarono le prime modifiche (venne il turno dei Pinots e del Sauvignon) e dopo altri 10 dilagarono "gli universali" (Chardonnay e Cabernet sauvignon ovviamente in testa). Nel solito Collio si ripensò all'uvaggio bianco dei nonni fatto diRibolla gialla Tocai e Malvasia e si decise però d'impreziosirlo cogliendoli i l meglio dai partners francesi e cestinando gli aromatici.


Emilio Bulfon con la moglie

Non la pensò così Emilio BULFON enologo e perito agrario con gli attributi calatosi nel pratico a diploma ancor caldo in un territorio fra i più difficili del FRIULI intero: le colline spilimberghesi. Fu in queste terre in gran parte abbandonate dai contadini che alla miseria ed alla pellagra preferirono l'emigrazione che BULFON iniziò la ricostituzione di un patrimonio ampelografico destinato all'archivio. Frugando fra i "ronchi" di Costabeorchia Castelnuovo Pinzano al Tagliamento Valeriano ecc. riscoprì quelle viti di cui parlavano i vecchi; viti rustiche longeve alquanto in grado di offrire sensazioni aromatiche diverse dal "foxi" ma anche dagli "universali".

Forgiarin Ucelut Piculit neri

Alla caparbietà del nostro pioniere portò soccorso – nel mezzo di una generale indifferenza per non dire ironia- qualcuno che ancora credeva nel "vecchio Friuli": Salvador stesso Ruggero Forti Antonio Calò Piero Pittaro i Nonino di Percoto che lo vollero al Premio RISIT D'AUR.. riconoscendone i meriti.

Partirono da questi personaggi i primi messaggi verso il Ministero dell'agricoltura che andava riscrivendo gli elenchi dei vitigni raccomandati ed autorizzati che la C.E.E. avrebbe poi recepito e regolamentato.

Sciaglin Cjanorie

Partì in primis dal coraggio e dalla serietà di Emilio BULFON che non ha mai mollato e che nel tempo ha addirittura rilanciato creandosi una propria immagine e vestendo personalmente le confezioni con etichette personalizzate e create "in proprio" così come tutto quello che abbellisce e rende suggestiva la piccola cantina di Valeriano (PN).

Ho ritrovato recentemente questo amico di lunga data ed insieme a lui mi sono dedicato una giornata fra le colline di Costabeorchia a me particolarmente care perché vi nacque mia madre e che mi ospitavano nella fase preparatoria degli esami universitari). Una giornata da incorniciare non solo per le interessanti"verticali" dei vari Ucelut Piculit neri Sciaglin Forgiarin e dintorni ma anche per la certezza che questo messaggio controcorrente ha trovato nei giovani imprenditori vitivinicoli friulani un terreno fertile e davvero alternativo alle mode devastanti.

Claudio Fabbro - Gorizia 10 giugno 2002