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PICOLIT: OK MINISTERIALE ALLA DOCG

     "Alla presenza di un funzionario della Regione Fvg ­ si legge in Il Messaggero Veneto del 9.1.2006 a firma Giovanni Cinque­ il Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione dei vini italiani insediato presso il Ministero delle Politiche agricole e forestali affidato a Gianni Alemanno ha espresso parere favorevole alla richiesta di riconoscimento della "denominazione di origine controllata e garantita ­ Docg ­ al vino Colli Orientali del Friuli Picolit. L'organismo ministeriale istituito a norma dell'articolo 17 della legge 164 del ' 92 si è pronunciato a seguito della formale domanda inoltrata il 5 aprile del 2002 e delle successive richieste di modifica del disciplinare di produzione.
     Il Comitato ministeriale nel corso della fase istruttoria acquisito l'assenso dell'Amministrazione regionale aveva dato atto degli esiti favorevoli relativi l'accertamento del "particolare pregio" intervenuto l' 8 settembre dello scorso anno in ottemperanza alle prescrizioni stabilite dal medesimo organismo nazionale. Eventuali istanze e controdeduzioni alla proposta di modifica del disciplinare di produzione dovranno pervenire al Comitato nazionale che ha sede a Roma in via Sallustiana n.10 entro il 3 marzo prossimo. La denominazione di origine controllata e garantita Colli Orientali del Friuli accompagnata dalla specificazione Picolit resterà attribuita una volta espletate le formalità di legge ai vini rispondenti alle condizioni e ai requisiti del disciplinare in cui rientra anche la produzione realizzata nella sottozona Cialla.
     La Docg sarà ancora riservata al vino ottenuto esclusivamente da uve del vitigno Picolit provenineti da piante aventi «in ambito aziendale» una composizione «ampelografica» quantificata almeno nell'85% del vitigno di riferimento. Potranno infine concorrere alla produzione anche le uve di vitigni «a bacca bianca» idonei alla coltivazione nel Friuli Vg in misura in ogni caso non superiore al 15% con esclusione del vitigno Traminer aromatico".


Boccettina di picolit del 1882 custodita in una teca alla Rocca Bernarda (ex Perusini)

PICOLIT

     "E' una gloria ed un vanto della viticoltura friulana ed è la dimostrazione evidente che anche a latitudini elevate alcuni vitigni possono dare dei prodotti di bontà veramente superiore.
     Vitigno certamente antichissimo tantochè il Goldoni lo celebrò chiamandolo "del Tokay germano" riferendosi si intende al Tokay ungherese.
     Il Gallesio lo onorò di una descrizione nella sua Ampelografia riproducendo in una tavola grappolo e foglia. Qualche Autore lo ritenne anche coltivato ai tempi dei Romani.
     Il conte Fabio Asquini nella seconda metà del Settecento lo riproduceva in quel di Fagagna in discreta quantità e si dice che ne esportasse oltre 100 mila bottigliette della capacità di un quarto di litro alle corti di Francia d'Austria e di Russia; anche i Papi tenevano il vino in grande considerazione.
     Nella "Storia della Vite e del Vino" il prof. Giovanni Dalmasso al capitolo XIX-Vol.III scrive a proposito di Picolit: "nel Settecento per la grandissima fama del vino che se ne otteneva era andato diffondendosi nelle vicine province ed era anche arrivato in Toscana portatovi dal Canonico Andrea Zucchini ed in Emilia (Scandiano)". Ed ancora egli accenna alla memoria di F. M. Malavolti (anno 1772) che scriveva: "il Picolit che non solo anco di recente ha potuto gareggiare alle mense di Forestieri Signori e Sovrani con quelli dei migliori climi ma ha potuto eziandio a nostra gloria riportare la palma". Egli alludeva ad un invio fatto dal conte di Montalbano di Picolit di Conegliano al re di Francia.
     Ed ancora il prof. Dalmasso nella sua pubblicazione: "I vini tipici dei Colli Trevigiani" si sofferma largamente sulla coltura del Picolit nella provincia di Treviso: il vino veniva spedito nei più lontani paesi ed era talmente tenuto in onore che negli Atti dell'Accademia dell'Agraria di Conegliano in data 18 marzo 1778 si legge che fu "deliberato di stampare 2.500 copie del certificato comandato dall'Ecc.mo Senato col suo decreto 10 giugno 1786 di esenzione dei dazi stradali del Picolit di Conegliano siccome pure di eleggere uno del corpo di detta Accademia Deputato a controllare la spedizione di tale vino ed a rilasciare i prescritti certificati".
 Picolit a Rosazzo

     "Antonio Zanon insigne agronomo friulano (1767) ­ricorda il Poggi­ scriveva che le mense di Germania Inghilterra e Francia venivano allietate da questo delizioso vino. F.M. Malvolti (1772) annotava il grande successo ottenuto dal Picolit alla Corte di Francia. Lodovico Ottelio (1761) parla della diffusione del Picolit in molte Nazioni per opera del co. Fabio Asquini. Lo descrive quindi Odart (1849) Agazzotti (1867 Di Rovasenda (1877). Stranamente viene dimenticato dal Molon forse perchè all'inizio di questo secolo il vitigno era quasi scomparso. Ma se le tracce circa l'origine di questo vitigno sono incerte altrettanto si può dire dei luoghi di coltivazione.
     La bontà di questo vino ebbe nel secolo diciassettesimo tale fama che il vitigno prese la via di Conegliano Treviso Vicenza Bassano e poi giù fino in Emilia e Toscana.
     Tutti gli Autori che abbiamo citato parlano infatti di Picolit coltivato fuori dal Friuli. Ma se ebbe gran fama in quelle zone in breve tempo sparì a causa prima della degenerazione del fiore e poi dell'invasione fillosserica. Poche migliaia di ceppi rimasero sparsi fra le colline friulane e il nome quasi scomparve. Non a caso il Poggi e gli altri Autori parlano di vinificazione del Picolit con altre uve tanto poca era la sua quantità.
     Attualmente ­precisa il Pittaro­ vegeta solo nei terreni eocenici delle province di Udine e Gorizia (marne ed arenarie del Collio e Colli Orientali del Friuli) dove dà il massimo del suo splendore.
     Colore giallo paglierino talvolta carico spesso giallo oro zecchino giallo oro vecchio o quasi ambrato dopo alcuni anni di invecchiamento. Profumo che ricorda il favo d'api colmo di miele prodotto con tutti i fiori dei campi. Bouquet ampio di eccezionale eleganza straordinariamente amalgamato che dona in sequenza un'incredibile serie di sfumature aromatiche: i fiori di campo appunto.
     Sapore dolce­non dolce di nobile razza aristocratico lunghissimo nelle sensazioni che variano in continuazione. Non una nota stonata e nemmeno più forte dell'altra. Difficile l'accostamento di questo grandissimo vino da meditazione sorprendentemente buono su alcuni formaggi piccanti. Va servito fresco ma non freddo.